14.11.2019 | Diario di bordo
Autor ¶
David Wagner
Partenza per il mare glaciale: il ricercatore dell’SLF David Wagner sta affrontando la prima tappa della spedizione MOSAiC con la nave tedesca per ricerche oceanografiche «Polarstern». La ricerca di un lastrone di ghiaccio idoneo è la prima sfida da affrontare per il team della spedizione.
Dopo mesi di preparativi, agitazione, innumerevoli meeting e discussioni, finalmente il 14 settembre è iniziato il viaggio verso Tromsø, nel nord della Norvegia. Da lì, pochi giorni dopo, il 20.09, sarebbe partita la grande spedizione MOSAiC con la nave rompighiaccio «Polarstern». Mancava quindi solo una settimana per i briefing sulla sicurezza e il carico della nave. Una settimana già di per sé molto emozionante, perché a quel punto era sempre più chiaro che da lì in avanti si sarebbe fatto sul serio. Vedere poi la nave nel porto e come veniva caricata ha fatto tremare le gambe un po’ a tutti. Per me questa settimana è stata importante soprattutto perché ci ha permesso di abituarci allo «spirito della MOSAiC» e di conoscere gli altri partecipanti alla spedizione. Durante questa settimana abbiamo anche installato il nostro strumento di misura, il micro-computer tomografico con il quale misureremo la neve artica. L’installazione si è svolta non senza qualche intoppo, ma alla fine tutto è andato per il verso giusto.
Frenetico prima del lancio ¶
Negli ultimi tre giorni prima della partenza, la ressa dei giornalisti sulla «Polarstern» è stata molto grande e ho avuto la possibilità di rilasciare alcune interviste per i giornali e le radio. Il giorno della partenza c’è stato poi un evento speciale al quale hanno partecipato anche alcuni ministri norvegesi e tedeschi. Dopo due drink nella calda tenda montata nel porto ci siamo quindi imbarcati sulla nave che, verso le ore 21.00 locali, ha mollato gli ormeggi in un’atmosfera festante e chiassosa. Questo è stato anche il momento in cui la tensione si è allentata leggermente. Finalmente un po’ di pace. Prima cena nel quadrato.
Per prima cosa la nave ha attraversato il mare di Barents, facendo poi rotta verso la punta settentrionale dell’isola siberiana Novaya Zemlya. Per parecchi giorni durante la traversata c’è stato vento da forte a tempestoso con onde alte fino a 7 metri, che sono riuscito a contrastare con successo grazie alle mie pastiglie contro il mal di mare. Infatti, nel cantiere di Bremerhaven purtroppo erano stati smontati gli stabilizzatori che contrastano il rollio della nave, probabilmente per proteggerli dalla pressione esercitata dal ghiaccio. Il mare grosso per diversi giorni ti può mettere a dura prova.
Dopo circa cinque giorni abbiamo raggiunto il limite dei ghiacci a nord della Severnaya Zemlya. Finalmente niente più moto ondoso. Ed è stato interessante vedere per la prima volta il ghiaccio marino artico. Per me si trattava di immagini che avevo visto solo nei documentari. Ma in questa regione c’erano anche molta nebbia e cattivo tempo. E immancabilmente sono state avvistate le prime orme e alla fine anche il primo orso polare. Abbiamo visto anche un tricheco, che alla vista della «Polarstern» si è messo al riparo immergendosi in acqua dopo essersi lasciato scivolare da un lastrone.
Alla ricerca di un lastrone di ghiaccio adatto
A questo punto abbiamo proseguito in direzione nord nel ghiaccio sempre più spesso, alla ricerca di un lastrone idoneo al quale poterci ancorare. La ricerca non è stata affatto semplice, perché a causa dei cambiamenti climatici sembra che in questa regione non sia più rimasto molto ghiaccio pluriennale. Alla fine abbiamo seguito per molto tempo un lastrone che ci sembrava rispondesse alle nostre esigenze, con un’estensione totale orizzontale di circa 3,5 per 2,5 chilometri. Al centro si trovava una solida «fortezza» formata da spesso ghiaccio pluriennale con isolati dorsi di ghiaccio secco spessi fino a 5 m e un’estensione di circa 1 × 2 chilometri. Tutto intorno era presente ghiaccio per lo più piatto e spesso circa 30 centimetri formato da pozze di fusione congelate. Le condizioni del lastrone non erano proprio ideali, perché in molti punti il ghiaccio era un po’ troppo sottile e probabilmente non sempre così stabile da resistere alle forze alle quali ogni tanto sarebbe stato esposto. Tuttavia, finora questo lastrone è stato il migliore che abbiamo trovato.
Dopo alcuni giorni di esplorazione abbiamo incontrato la nave per ricerche oceanografiche russa «Akademik Fedorov», che fa anch’essa parte della spedizione e che nelle settimane successive si è occupata di costruire la «distributed network»: una rete di stazioni meteo in un raggio fino a 50 km intorno alla «Polarstern» come punto centrale. Inoltre la «Akademik Fedorov» aveva a bordo carico e carburante per la «Polarstern».
Dopo alcune discussioni con il personale della nave russa è stato deciso di attraccare al lastrone che avevamo studiato dettagliatamente per più giorni. La «Polarstern» è stata così ormeggiata al lastrone con l’aiuto di funi d’acciaio. Finalmente abbiamo trovato la nostra «casa» per i prossimi mesi! Qui abbiamo già avuto una prima visita molto ravvicinata di un’orsa polare con il suo cucciolo. In futuro i due ci riserveranno di certo ancora delle sorprese, così come farà da parte sua la dinamica del ghiaccio.