Comprendere meglio i pendii instabili

30.06.2022  |  Isabel Plana  |  News SLF

Scivolamento, scorrimento, rotolamento, slittamento di massa: i processi di reptazione e di deformazione che si svolgono in un pendio instabile sono variegati e complessi. E spesso poco noti. Sull’esempio di tre casi di instabilità su vasta scala sulle Alpi svizzere, i ricercatori dell’SLF hanno sperimentato un nuovo e promettente metodo di analisi che fornisce un quadro più dettagliato dei processi predominanti e che potrebbe quindi migliorare in modo determinante il monitoraggio del pericolo.

Il Pizzo Cengalo nella valle Bregaglia, lo «Spitze Stei» nell’Oberland Bernese e il pendio situato sopra al paese grigionese di Brienz/Brinzauls hanno tutti una cosa in comune: da anni in movimento, rappresentano un pericolo per le persone e l’infrastruttura. Per questo motivo vengono monitorati 24 ore su 24. Inoltre, questi pendii vengono misurati periodicamente con uno scanner al laser. Questo cosiddetto strumento LIDAR scansiona la superficie terrestre su una griglia regolare. Per ciascun punto rilevato sul terreno, il tempo di transito del raggio laser viene convertito in una distanza. Dalla totalità di questi punti di misura, la cosiddetta nuvola di punti, si può successivamente calcolare un modello della superficie del terreno. Confrontando tra di loro le nuvole di punti misurate in diversi periodi di tempo vengono così alla luce eventuali cambiamenti del territorio. Un compito tutt’altro che banale che viene naturalmente svolto da un computer. Esistono vari metodi per confrontare tra di loro le nuvole di punti e calcolarne le differenze. A seconda della domanda di ricerca, viene scelto un approccio diverso.

Il problema: nessuno dei metodi correnti rappresenta in modo complessivo e tridimensionale i processi di reptazione e di deformazione che avvengono all’interno del pendio. Essi mostrano che la superficie è cambiata e a quale velocità è avvenuto questo cambiamento, ma non come questo si è verificato. «Fino ad oggi, le affermazioni su come esattamente queste masse di roccia si deformano – se scivolano, slittano, si disintegrano o rotolano – e su come questi processi interagiscono nelle varie parti del pendio, erano spesso gravate da grandi incertezze», dichiara Robert Kenner, collaboratore dell’unità di ricerca Ecosistemi alpini e rischi naturali presso l’SLF. Queste informazioni sarebbero tuttavia molto preziose per la gestione del pericolo. Per questo motivo, un algoritmo per l’analisi delle nuvole di punti recentemente sviluppato dall’Istituto di geodesia e fotogrammetria presso l’ETH di Zurigo ha destato l’interesse di Robert Kenner.

Reptazione dei pendii in 3D

Grazie a questo nuovo metodo è possibile abbinare a quasi ogni punto un vettore di deformazione 3D. È quindi possibile affermare con precisione come i singoli punti hanno cambiato la loro posizione e, da queste informazioni, far derivare i processi di reptazione e deformazione che sono avvenuti nelle varie parti del pendio. «La cosa interessante di questi vettori di deformazione 3D è che in alcuni casi da essi possiamo modellare le superfici di slittamento». Cioè ogni strato nascosto nel sottosuolo sul quale scivolano le masse di terra e sassi. L’algoritmo è stato completato con il modello delle superfici di slittamento e quindi sperimentato da Kenner e dal suo team sul Pizzo Cengalo, sullo «Spitze Stei» e sulla frana di Brienz, con risultati in parte inattesi.

Scoperto un rotolamento e superfici di slittamento

Nel caso del paese di Brienz/Brinzauls, dove nel 1878 si verificò una grande frana, si è pensato per lungo tempo di avere a che fare con un processo franoso continuo. «Nella parte superiore e inferiore dell’instabilità, le nostre analisi hanno confermato il movimento di slittamento. In mezzo non siamo tuttavia stati in grado di dimostrare nessuna superficie di slittamento. Al loro posto, qui i nostri dati rivelano la presenza di un processo di rotolamento.» Le trivellazioni nel terreno svolte poco dopo dal Cantone confermano i risultati dei ricercatori dell’SLF, cioè l’assenza di una superficie di slittamento continua.

L’analisi ha permesso di ottenere nuovi risultati anche per il caso dello «Spitze Stei» sopra al lago di Oeschinen tanto amato dai turisti. Anche qui i ricercatori dell’SLF hanno scoperto una compressa interazione tra vari processi di reptazione e deformazione. «Le nostre ricerche hanno dimostrato che in questa instabilità sono presenti contemporaneamente due diverse superfici di slittamento.» Dai dati del movimento, i ricercatori sono stati in grado di rimodellare parzialmente la forma e la posizione di queste superfici di slittamento e quindi di stimare con maggiore precisione il volume delle masse di roccia instabili.

Nel caso del Pizzo Cengalo, il nuovo metodo di analisi ha ampiamente confermato il modello geologico esistente: in questo caso siamo in presenza di un processo di rotolamento; le zone di fratturazione nel pendio sono state dimostrate con precisione.

Test superato

I risultati del loro studio sono stati talmente convincenti che Robert Kenner e i suoi colleghi sono già al lavoro per integrare il nuovo metodo nel programma corrente di monitoraggio del pericolo. «L’analisi 3D della nuvola di punti consente di ottenere importanti informazioni per comprendere meglio i processi di reptazione e deformazione che avvengono sui pendii rocciosi, permettendoci di migliorare notevolmente la valutazione del pericolo», afferma Kenner. Per convalidare il metodo e in particolare in modello delle superfici di slittamento anche in altre condizioni, in un prossimo futuro i ricercatori svolgeranno dei test anche in altri luoghi.

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