Crolli di rocce in alta montagna

11.09.2017  |  News

La destabilizzazione delle pareti rocciose è il risultato di un lungo processo che può durare diverse migliaia di anni. Un dossier riassume ora i fattori che interagiscono in questo contesto, nonché il ruolo assunto da permafrost e riscaldamento climatico.

La destabilizzazione delle pareti rocciose non è un fenomeno che avviene dall’oggi al domani. Si tratta piuttosto del risultato di un lungo processo che può durare diverse migliaia di anni. A seconda della struttura delle rocce (ad es. fessurazioni, stratificazione, solidità) e della topografia i processi di erosione possono agire in modo più lento o più veloce. In alta montagna assumono inoltre un ruolo importante anche i ghiacciai e il permafrost. Diversi fattori possono portare alla formazione e all’apertura di fessurazioni e destabilizzare quindi sempre più la roccia:

  • variazioni di temperatura nell’alternanza delle stagioni
  • pressione del ghiaccio nelle fessurazioni (pressione criostatica)
  • erosione ad opera dei ghiacciai
  • cambiamenti dei livelli dei ghiacciai
  • (intense) precipitazioni piovose (pressione idrostatica, apporto termico)

 

Questi fattori agiscono lungo intervalli temporali molto diversi fra loro. Le variazioni della temperatura nell’alternanza delle stagioni possono indebolire la roccia nel corso di millenni. Le piogge intense, per contro, diventano decisive una volta che si sono già aperte delle fessurazioni in cui l’acqua può ristagnare ed esercitare quindi pressione sulle rocce. La pressione del ghiaccio all’interno delle fessurazioni è un fattore rilevante in alta montagna. Tale pressione si viene a creare quando l’acqua meteorica oppure l’acqua contenuta nello spazio poroso della roccia penetra nelle fessurazioni dove poi si ghiaccia. Ciò comporta la formazione e l’espansione di cunei di ghiaccio che provocano la rottura della roccia.

Nel corso delle glaciazioni, il ghiacciaio ha già plasmato ripidi versanti. Quando i ghiacciai si ritirano, tali versanti rocciosi possono rimanere allo scoperto e perdere l’importante azione di sostegno esercitata dal ghiaccio.

Il ruolo del permafrost

Il termine permafrost indica il suolo oppure terreno roccioso la cui temperatura rimane per molti anni inferiore a zero gradi Celsius. Sulle Alpi il permafrost nelle pareti rocciose è localizzato in zone al di sopra dei 2500 m sul livello del mare (sui versanti esposti a sud, in alcuni casi addirittura solo a partire dai 3000 m o più s.l.m.). Rispetto ai crolli di rocce il permafrost svolge due ruoli distinti.

  • Stabilizzante: il ghiaccio agisce come una specie di collante che unisce fra loro le pietre non compatte e tiene insieme la roccia fessurata.
  • Destabilizzante: il permafrost promuove i processi che generano la pressione criostatica all’interno delle fessurazioni. Attrae l’acqua dalle parti più calde della roccia e favorisce la crescita di cunei di ghiaccio nelle fessurazioni.

Il permafrost può dunque accelerare il processo di fessurazione delle pareti rocciose, ma al tempo stesso anche stabilizzare questi punti deboli.

 

Il ruolo del riscaldamento climatico

Il riscaldamento climatico accelera alcuni processi:

  • In molti luoghi si osserva un aumento della temperatura del permafrost roccioso, come evidenziato dalle misurazioni dell’SLF e della rete di rilevamento PERMOS presso diverse località delle Alpi svizzere. Ciò avviene all’incirca nella stessa misura in cui si innalza anche la temperatura dell’aria. Quando il ghiaccio si riscalda, la sua azione stabilizzante sulle fessurazioni perde efficacia. Poco sotto gli 0 °C la sua stabilità diminuisce rapidamente. In questo modo i versanti montuosi ripidi possono diventare instabili, con un conseguente aumento dei crolli di rocce nelle regioni caratterizzate dal permafrost.
  • I ghiacciai possono fornire un supporto meccanico alle pareti rocciose. Lo scioglimento dei ghiacci in seguito al riscaldamento globale fa venir meno tale sostegno. La roccia già fragile può quindi in alcuni casi crollare.
  • Aumento delle piogge forti in alta montagna: se una grande quantità di acqua penetra nella roccia, quest’ultima è soggetta a una notevole pressione idrostatica che può causare rotture. La pioggia comporta inoltre un apporto termico verso la roccia e favorisce lo scioglimento del ghiaccio.

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