13.03.2018 | News WSL
Se le temperature aumentano, sulle Alpi gli habitat per la lepre variabile si fanno sempre più piccoli e frammentati. Uno studio internazionale condotto sotto la guida dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL e dell’Università di Berna suggerisce che ciò potrebbe causare una diminuzione del patrimonio di animali.
Le specie specializzate che si sono adattate alla vita in alta montagna come la lepre variabile (nota anche come lepre bianca) sono particolarmente esposte agli effetti del cambiamento climatico. Quando le temperature diventano troppo calde per lei, la lepre variabile può solo limitatamente ritirarsi verso luoghi più freschi ed elevati. In effetti, entro il 2100 la superficie degli habitat idonei per la lepre variabile potrebbe ridursi in Svizzera mediamente di un terzo: ad affermarlo sono i ricercatori del WSL, dell’Università di Berna e dell’Università delle risorse naturali e delle scienze della vita di Vienna.
L’habitat non diventa solo più piccolo, ma anche più frammentato. Di conseguenza il patrimonio di lepri bianche risulta più scollegato, circostanza che può comportare un impoverimento genetico. Nel complesso si prevede che il numero di lepri variabili diminuirà, conclude lo studio in questione, pubblicato sulla rivista scientifica «Global Change Biology». La ricerca identifica al tempo stesso le principali zone di insediamento delle lepri bianche in futuro, decisive per il collegamento delle singole popolazioni e la protezione della specie.
La lepre variabile sotto stress termico
Il team di ricercatori ha studiato l’influenza dei cambiamenti climatici sulla diffusione della specie in questione nelle Alpi svizzere sulla base di 1046 avvistamenti fra il 1990 e il 2013. Gli scienziati hanno inoltre modellato la posizione e l’estensione degli attuali e futuri habitat idonei sulla base dei diversi scenari climatici del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC). Il fatto che un habitat sia o meno adatto alla lepre variabile dipende da fattori quali la disponibilità di cibo, la protezione dai predatori, il calore, il freddo e il disturbo causato dall’uomo.
È emerso che a influenzare l’habitat utile delle lepri è soprattutto l’aumento delle temperature nel periodo riproduttivo. Durante le estati torride, le specie che si sono adattate al freddo hanno maggiori difficoltà a regolare la propria temperatura corporea rispetto a quelle amanti del caldo. Devono quindi ritirarsi verso regioni più fresche, cosa che tuttavia è possibile solo in misura limitata considerate la conformazione dei monti (che si restringono verso l’alto) e le scoscese pareti di roccia.
Dai calcoli della modellazione, per la Svizzera si profila una contrazione dell’habitat pari al 26% con uno scenario di riscaldamento medio e al 45% presupponendo uno scenario più pronunciato. Sono emerse tuttavia anche notevoli differenze regionali: la perdita di spazi vitali è maggiore nelle Prealpi meridionali e settentrionali. Sulle Prealpi centrali, per contro, la contrazione è più contenuta, ma anche qui il numero di aree adatte si riduce.
Consigliabile un monitoraggio nazionale
«La perdita e la progressiva frammentazione degli habitat mettono questa specie sempre più a rischio», afferma Maik Rehnus dell’istituto federale di ricerca WSL, primo autore dello studio. «Il nostro lavoro ha identificato importanti aree per la formazione di reti fra le lepri bianche in Svizzera. Tali reti rappresentano la spina dorsale per la futura diffusione della specie», aggiunge Kurt Bollmann del WSL, co-autore assieme a Veronica Braunisch dell’Università di Berna. Gli autori raccomandano di organizzare un monitoraggio nazionale delle lepri variabili in questi luoghi, così come ai margini dell’attuale zona di diffusione. «Ciò consentirebbe a colmare alcune lacune relative alle differenze regionali a livello di sviluppo del patrimonio nonché alla minaccia della specie», conclude Rehnus.
Link e documenti ¶
Pubblicazione originale:
Rehnus, et al: Alpine glacial relict species losing out to climate change: the case of the fragmented mountain hare population (Lepus timidus) in the Alps. Glob Change Biol. 2018;1-18. DOI: 10.1111/gcb.14087
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